SICILIA DELLE MERAVIGLIE In un lembo di territorio dell’entroterra nisseno, avvinghiato come un anello attorno alle falde di una rupe gessosa, meglio nota come monte Paolino, c’è Sutera. Un antico borgo di origine medioevale, dalle reminiscenze arabe, abitato da poco meno di 1500 anime. Saranno le viuzze in pietra lavica strette e tortuose, o le scalinate ripide e acciottolate insieme ai bagli e gli ascichi (terrazze); saranno le case di gesso affastellate una sull’altra, o forse i ruderi arroccati in luoghi che si concedono a prorompenti panoramiche mozzafiato. Una cosa è certa, alla prima occhiata il paese profuma di mistero.
Una suggestione che rivive ancora nei racconti della gente del luogo, anche dei più giovani. A partire dalla declinazione salvifica attribuita all’etimo del paese, Sòteira, ossia la “Salvezza”, quale antidoto per le aggressioni straniere, cataclismi e malattie. Continuando con la leggenda della sua fondazione ad opera di Dedalo, l’architetto ateniese fuggito dal labirinto di Creta per liberarsi dal sovrano Minosse ed ospitato dal re sicano Cocalo, che assassinò il giudice degli inferi facendolo cadere con l’inganno in un lebete di acqua bollente.
“A tramontana di Gardutah giace Sutir, circondato da ogni banda dalle montagne, popoloso, industrie, frequentato, di passaggio da chi va e viene”, scrisse il geografo Arabo Al Idrisi per rilevarne la posizione strategica. Dalla cima di San Paolino, infatti, dove un trecentesco Santuario diocesano conserva in due urne d’argento le reliquie dei compatroni, San Paolino e Sant’Onofrio, allungando di poco lo sguardo, la vista di ogni luogo è unica: il castello di Mussomeli, il torrione dei Gibellini, la Sera del Palco, il Passo “funnutu”, la rocca di Bastiglia, il monte Cammarata. Nelle giornate più azzurre le Madonie, il mare di Agrigento. E sullo sfondo, più in là, anche il vulcano fumante dell’Etna.
Fu proprio la sua “geografia” a determinare negli anni successivi la demanialità del borgo e l’appartenenza alla Regia Corona, oltre alla rissosità tra le nobili famiglie suteresi e i conti e baroni che occasionalmente ne ebbero il possesso.
A conferma del suo interesse, a dicembre del 2013, Sutera è stata eletta a Borgo più bello d’Italia. Un riconoscimento ottenuto grazie al quartiere Rabato, dove ogni anno un presepe vivente fa rivivere la civiltà contadina dei primi del ’900, animandosi di “panarari, viddani, pastura, conzapiatta e tessitrici”, tra luci e antichi suoni. È la parte più antica del paese Rabato, un districarsi di case di gesso e di dammusi, tipici della civiltà araba, che si integrano armonicamente alle bellezze bizantine, medievali e alle case di nuova costruzione.
L’impianto urbano comprende altri due quartieri, il Rabatello e il Giardinello, più recenti ma altrettanto interessanti. Lì si affacciano invece chiese e residenze nobiliari, come il quattrocentesco palazzo in pietrame della nobile famiglia Salamone, dove ebbe i natali Francesco (1478-1569), l’eroe della disfida di Barletta.
Testimonianza della particolare devozione religiosa dell’antico borgo, le numerose chiese: San Giovanni Battista, costruita intorno al 1650; Maria SS. Del Carmelo, edificata secondo i più nel 1500, con la sua preziosa acquasantiera di marmo; la quattrocentesca chiesa romanica di Sant’Agata e la trecentesca chiesa Madre, edificata sui resti di una moschea del IX secolo, della quale mantiene parte della sua architettura.
Un po’ di storia Dopo essere appartenuta a Guglielmo Raimondo di Montecateno, il 21 febbraio del 1398, la “Signora” del Vallone nisseno venne “ad demanium reducta” per volontà del re Martino. Venduta e riscattata anche negli anni successivi, dagli inizi del ‘500 fino alla fine del secolo successivo, intorno alla blasonata Sutera sorsero, insieme a chiese e conventi, nuovi centri abitati per incentivare l’agricoltura, unica fonte di reddito della nuova nobiltà contadina. Le condizioni erano favorevoli, così che notai, funzionari e militari vi si stabilirono.
All’inizio del Settecento iniziò il suo declino, un po’ per la litigiosità della nobiltà minore, un po’ per la progressiva crescita di Mussomeli, ben amministrata dalla famiglia Lanza, che per più di due secoli ne ebbe il dominio. La crisi dell’agricoltura e l’emigrazione del ‘900 sancirono poi una lenta e inarrestabile desertificazione, da cui i suteresi ripartirono per scommettere su una nuova risorsa, diventata oggi una realtà: il turismo di qualità.
di Stefania Sgarlata