SICILIA DELLE MERAVIGLIE “Impara nella semina, insegna nel raccolto, ed in inverno godi”*. Da queste parti, aratro, zappa e badile sono le divinità, la terra è il tempio, la buona agricoltura e i sapori, la magia di sempre. Il risultato è la bellezza dei campi e del raccolto che segue le stagioni. Ecco perché ciò che è bello a Joppolo è anche buono. Forse perché ogni cosa è lenta, di una lentezza disarmante, tanto da diventare la sua identità. Dentro e fuori il borgo.
Così è la vita delle 1200 persone in questo paesino dell’Agrigentino. Di chi si raccoglie la domenica nel piazzale della Settecentesca Chiesa Madre, o si ritrova per caso a cianciare da un balcone all’altro, davanti al portone di casa, a quello del municipio o agli angoli delle stradine tortuose, che salgono e scendono ripide in mezzo alle case avvinghiate una all’altra.
Affacciato da un colle in un lembo del vallone, stretto tra la città dei Templi e Raffadali, l’antico feudo sembra invitare chiunque arrivi alla sacralità del silenzio. Che arriva fino alla necropoli (dell’età del bronzo), ai piedi della “Rocca del Duca”, dove si annidano, di giorno e di notte, barbagianni, cornacchie, civette, corvi, colombi e gufi. Là dove sorge anche il settecentesco Palazzo ducale dei Colonna, che conserva nella cripta della sua Cappella le spoglie dei duchi di Cesarò.
Così è l’armonia autentica del paesaggio rurale, con i suoi casali contadini e masserie dall’architettura tipica delle dimore dei primi anni del Novecento che trasudano di un’antica e sana relazione tra uomo e terra. Un legame centenario raccontato dalle buone pratiche dei contadini e dal profumo di una campagna che sa di grano, fave e meloni, e che ritrova la sua più simbolica espressione durante le “Notti del Gufo”. Un appuntamento suggestivo, tra fede, cibo e folclore, che celebra il grande patrimonio agricolo lasciato in dote a Joppolo Giancaxio dalla natura con spettacoli e la degustazione dei piatti tipici di un tempo, quelli che si consumavano nelle silenti e calde serate estive, mentre arrivava nelle case solo il bubulare del gufo. È una grande festa, dedicata soprattutto ai tanti emigrati che tornano in paese durante le vacanze per ricordare loro e a tutta la comunità la vera risorsa del loro territorio: la Terra Madre. Che costò agli Joppolesi una lunga e dura battaglia contadina per ottenere la proprietà di un pezzo di fondo dai Colonna prima e dai campieri e gabelloti dopo. Anche se alla fine furono in molti ad andare via in cerca di maggiore fortuna. I primi a partire, nel 1890, inseguirono il sogno americano, ma una volta arrivati non riuscirono ad integrarsi, alcuni morirono per incidente sul lavoro, altri assassinati. Così, nel secondo dopoguerra scelsero il Venezuela e il Canada. Ma le difficoltà erano tante e gli Joppolesi non cercavano più la fortuna ma solo un posto dove vivere meglio. E allora partirono per il Belgio, la Francia e la Germania. E alla fine degli anni ’90 alla volta del nord Italia, verso Vicenza, Treviso, Milano e Torino.
Un po’ di storia Il primo villaggio nelle terre di Joppolo Giancaxio deve probabilmente le sue origini alla dominazione araba e al proprietario musulmano del feudo Lancaxi.
Fu il primo casale abitato dell’Agrigentino, sorto in mezzo a due valloni tagliati dal fiume Akragas (o Drago) nel feudo di Giancascio-Regalturco, dove arrivarono in 305, fra vassalli e coloni. Era il 1696 ed era la baronia del nobile Calogero Gabriele Colonna, marchese di Fumenedisi, che fondò un villaggio con 87 case, dopo avere ottenuto la licenza di popolarlo, chiamandolo Joppolo in omaggio alla moglie Rosalia Ioppolo dei duchi di Cesarò e di Giancascio che gli aveva portato in dote quelle terre.
Con l’abolizione della feudalità, si trasformò in un ducato fino al 1812, ma acquistò la sua autonomia da Aragona e Raffadali, di cui era frazione, solo nel 1927.
di Stefania Sgarlata
* William Blake